Per una settimana i volontari Victor, Michele, Francesca e Giuseppe, accompagnati da Paola, sono stati in Kosovo, per conoscere da vicino il progetto di costruzione della stalla e fare un’esperienza di volontariato nella Casa di Leskoc.
La storia del Kosovo
Il Kosovo ha una storia complessa, carica di contraddizioni e ingiustizie e forse il rischio di un occhio esterno, di una persona abituata a vivere in uno Stato di diritto, è giudicare e arrivare a conclusioni affrettate.
Distrutto vent’anni fa dalla guerra, il Kosovo è stato sì ricostruito, ma ancora non è riconosciuto come Stato indipendente da ottanta Stati membri dell’ONU e da cinque dell’Unione Europea. Sul territorio è in corso un permanente conflitto etnico con la Serbia, che ancora oggi si può vedere in maniera netta. A Mitrovica, a nord del Paese, il fiume che attraversa la città è come se fosse un muro. Da una parte i serbi, ortodossi, leggono e scrivono in cirillico, acquistano nei negozi prodotti rigorosamente serbi con i dinari. Dall’altra parte i kosovari albanesi, musulmani, comunicano in kosovaro, usano l’euro. A collegare, o meglio a dividere, le due parti della città un ponte, presidiato giorno e notte dai militari della missione KFOR, comando della NATO di cui fa parte anche l’esercito italiano.
La vita in Kosovo
In questo contesto, dove i sentimenti di odio e il nazionalismo sono pesanti, stanno crescendo le nuove generazioni. Il welfare è ancora praticamente tutto da costruire e c’è moltissima disoccupazione. Nonostante la scuola obbligatoria non tutti i bimbi la frequentano. La normalità sono i matrimoni combinati, le donne lontanissime dall’emancipazione e il delitto d’onore legittimato. Chi può permetterselo va via, soprattutto il Germania e in Svizzera, per poi rimandare i soldi nel paese natale e costruire ville in stile hollywoodiano abitate solo pochi giorni durante l’estate, i cui intonaci luccicanti sembrano gridare: “Guardatemi, io ce l’ho fatta!”.
E chi rimane? Rimane chi è troppo povero e non ha scelta, ma anche chi è fortemente legato alla sua terra e nonostante le difficoltà vuole restare per cercare di dare un contributo concreto a un Paese che merita il meglio.
La casa di accoglienza per bambini di Massimo e Cristina
Da vent’anni Massimo e Cristina nella Casa di Leskoc, guidati da una fede profonda, si sono messi a disposizione di chi aveva più bisogno. Sono entrati nei primi campi profughi appena finita la guerra, quando il Kosovo era solo un cumulo di macerie, e con umiltà e rispetto verso la diversità, etnica e religiosa da allora aiutano questo Paese. Massimo e Cristina hanno deciso di rimanere in Kosovo e creare una realtà dedicata all’accoglienza di minori, diventata nel 2014 una vera e propria Casa di accoglienza, perché tutti i bambini kosovari meritano la possibilità di una vita diversa. Tutti i bimbi ospitati nella splendida Casa di Leskoc, tra le colline, sono diventati la famiglia di Massimo e Cristina.
Opportunità lavorative per gli ospiti della Casa di Leskoc
I bambini ospitati e cresciuti nella Casa di Leskoc sono diventati adulti, ed è quindi sorta l’esigenza di creare delle opportunità lavorative. Per questo, è nata la cooperativa, oggi guidata dal simpaticissimo e capace Besart, che gestisce:
La Fondazione Valter Baldaccini per aiutare lo sviluppo della cooperativa e sostenere il lavoro in Kosovo, si è impegnata con il progetto Una stalla per Leskoc.
L’esperienza dei volontari della Fondazione
Per i volontari della Fondazione partiti per conoscere e vivere un’esperienza nella Casa di Leskoc è stata una settimana intensa e ricca di emozioni e ognuno, a suo modo, le ha raccontate con una sua testimonianza.
Continua a seguire le nostre news, nei prossimi giorni pubblicheremo i pensieri dei volontari sul Kosovo e sull’esperienza che hanno vissuto.
Falemiderit (grazie) alla Casa di Leskoc per questa bellissima esperienza. A presto!
SCOPRI IL PROGETTO