Nei primi anni di vita la lettura ad alta voce da parte di un adulto ha una fondamentale valenza affettiva e, allo stesso tempo, favorisce e stimola la comunicazione ed il linguaggio.
I bambini con difficoltà comunicative hanno più bisogno di questa pratica e gli Inbook, libri tradotti in simboli, servono proprio a questo.
Per rendere la lettura accessibile a tutti è nato il progetto Inbook: i libri che includono, realizzato insieme a Biblioteca dei ragazzi di Foligno e Kiwanis Club Foligno.
Un progetto che ha visto diverse azioni: il convegno dello scorso novembre, la prima edizione del corso di formazione dedicato a questi libri speciali e la replica del corso, vista la grande richiesta.
Abbiamo chiesto a Veronica, una delle partecipanti del corso, di raccontarci la sua esperienza.
“Il corso di formazione è stata una grande opportunità educativa e di riflessione. Le relatrici del Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa Alternativa, Laura Bernasconi e Grazia Zappa, ci hanno spiegato cosa è la CAA, ma soprattutto ci hanno mostrato l’uso degli inbook attraverso video di bambini che li utilizzano insieme ai genitori, ai fratelli e alle sorelle, nelle proprie classi. Racconti tangibili di possibilità e di sviluppo di potenzialità. È stato un momento importante per pensare al libro e alla lettura ad alta voce come vitale strumento educativo. Durante il laboratorio pomeridiano abbiamo concretamente toccato e annusato gli inbook, analizzato i diversi casi in cui sono stati impiegati e i benefici che hanno portato. Abbiamo anche provato a leggerli e per me all’inizio è stato difficilissimo!
Del corso mi hanno colpito alcune cose. Innanzitutto il concetto di lettura ad alta voce sin dai primi mesi d’età, senza preoccuparsi di ciò che il bambino può dare in cambio. Leggere è come fare un regalo prezioso. È fondamentale mettere al centro il bambino, valorizzarlo e stimarlo. Mi ricorderò che il verbo amare non sopporta l’imperativo, come i verbi leggere e sognare. Il corso inoltre ha offerto indicazioni pratiche sulla scelta degli inbook.
La varietà del pubblico, composto da docenti curriculari, di sostegno, educatori professionali e logopedisti ha arricchito il confronto, con diversi stimoli e punti di vista, con l’obiettivo comune di introdurre gli inbook nelle pratiche formative quotidiane.
Come ci ha detto la Dott.ssa Bernasconi: “l’utilizzo degli inbook non deve essere un antibiotico di settima generazione ma acqua potabile, una pratica di speciale normalità”. Vorrei che tutti avessero la possibilità di accedere a momenti formativi come questo, al fine di responsabilizzare ogni persona coinvolta nella vita sociale ed educativa del bambino. Avere una disabilità non preclude la comunicazione, ma un contesto povero di stimoli e di opportunità e ricco di pregiudizi sì”.
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